L’Agenzia delle Entrate sta effettuando accertamenti sui crediti di imposta relativi agli anni 2015, 2016 e 2017 utilizzati dalle Imprese per lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo.
Ben può dirsi che l’Agenzia delle Entrate sta trasformando la misura agevolativa destinata ad incentivare gli investimenti all’innovazione delle piccole e medie imprese in un’operazione di bombardamento a tappeto.
La gravità della situazione è giunta sino in Parlamento: il deputato Luigi Marattin (PD) ha depositato, qualche giorno fa, un’interrogazione con la quale ricorda le modifiche normative e le evoluzioni interpretative che hanno interessato la disciplina di questi crediti di imposta, chiedendo contestualmente se non sia meglio che, anziché utilizzare la formula del “credito inesistente” (che comporta l’applicazione di sanzioni particolarmente gravi), si utilizzi quella del credito “non spettante” (con conseguente possibilità, per l’imprenditore, di regolarizzare la propria posizione restituendo l’importo del credito con una semplice dichiarazione integrativa e senza l’applicazione di sanzioni).
Ciò che va osservato è la necessità, per l’imprenditore, di non rinunciare alla fruizione del credito di imposta per attività di Ricerca e Sviluppo solo per il particolare rigore della normativa di riferimento.
Le imprese innovative non hanno certamente bisogno di essere messe in crisi, bensì di essere incoraggiate a consolidare il loro processo innovativo, diretto ad una maggiore competitività sul mercato. Ciò, invero, va affrontato, da parte delle Imprese, ricorrendo a professionisti qualificati e operatori del settore preparati e competenti, in grado di affrontare la disciplina della materia con metodo scientifico e sistemico, nel pieno rispetto della normativa stessa e delle indicazioni di carattere esegetico formulate dalla Agenzia delle Entrate.
In particolare, il professionista incaricato di seguire l’impresa nel suo processo innovativo, non dovrà limitarsi ad una mera rendicontazione delle spese sostenute dall’Azienda, ma dovrà in primis accertare che le attività svolte dall’impresa siano codificabili come ricerca e sviluppo e, conseguentemente, idonee per la fruizione del relativo credito di imposta, nel pieno rispetto della disciplina normativa di riferimento.