La sentenza n. 42/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, depositata in data 18 febbraio 2019 ha ritenuto illegittimo l’atto di recupero del credito d’imposta a fronte di costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un Contribuente, accogliendo il ricorso di quest’ultimo.
Qui di seguito si offre un breve rappresentazione del contenzioso.
L’Azienda ricorrente impugna l’atto di recupero del credito di imposta suddetto ed utilizzato in compensazione nell’anno 2011, ritenuto inesistente dall’Agenzia delle Entrate. L’inesistenza (disconoscimento della sussistenza del diritto relativo) veniva dedotta dall’Ufficio in quanto il Contribuente ometteva di indicare il credito di imposta nel quadro RU della dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui il credito medesimo veniva utilizzato. La Società contribuente, impugnando l’atto, rilevava che il credito de quo era già stato indicato nelle dichiarazioni degli anni 2008 e 2009 (ovvero quando i relativi costi in ricerca e sviluppo venivano sostenuti) e l’omessa compilazione nell’anno di imposta di utilizzo in compensazione non poteva pregiudicare la sussistenza del diritto.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, aderendo alle ragioni dedotte dal contribuente ed evidenziando che per usufruire del credito di imposta per ricerca e sviluppo occorre indicarlo nella dichiarazione relativa all’annualità in cui il costo è stato sostenuto e non quando il credito stesso è stato utilizzato; in ogni caso l’omessa indicazione non può essere sanzionata con la decadenza del beneficio, mancando un’espressa previsione normativa in tal senso: la compilazione, infatti, spiega la CTP era prevista solo nel decreto ministeriale n. 76/2008, mentre la legge istitutiva del credito di imposta demandava ad un decreto attuativo solo l’individuazione degli obblighi di comunicazione (senza alcuna previsione di decadenza in caso di inadempimento del contribuente).
Il contenzioso, ad ogni modo, riguardava – come chiarito dalla stessa CTP – un’ipotesi di utilizzo indebito del credito d’imposta e non l’inesistenza dello stesso. Nel caso di inesistenza del credito, infatti, l’Agenzia delle Entrate, avrebbe dovuto dimostrare l’inesistenza dei costi sostenuti, originanti il diritto al beneficio.
In allegato il provvedimento della CTP di Reggio Emilia (sentenza n. 42/2019).